Articoli marcati con tag ‘Resistenza’
Anticipiamo un capitolo dal libro “Una breve primavera. I ragazzi sperduti della Resistenza tradita“ di Pierfranco Pellizzetti, in questi giorni in libreria per Sedizioni.
La storia dell’Italia repubblicana può essere raccontata come una versione in costante aggiornamento del mito di Saturno; la divinità che procreava i figli per poi sbranarli. Ossia l’interminabile sequela di coorti generazionali prosciugate delle loro migliori energie intellettuali e invariabilmente mandate al macero. Si cominciò – come si era detto a proposito di Bruno/Scoglio – con i ragazzi che per due inverni di ferro e di fuoco – tra il 1943 e il 1945 – si illusero (vennero illusi) di essere destinati a canalizzare le esperienze formative e fondative della lotta partigiana nello spirito fecondatore di una classe dirigente rinnovata; profondamente diversa per passione e civismo da quelle che l’avevano preceduta, durante il Ventennio e prima ancora, nell’Italietta dei re sciaboletta, dei notabili e delle burocrazie borboniche di ritorno. Tra “il fascismo come autobiografia di una nazione”, come scrisse Piero Gobetti, e il “quest’Italia non ci piace” di Giovanni Amendola. Leggi il resto di questo articolo »
Dieci anni sono trascorsi da quel 9 gennaio 2004, e mi è accaduto sovente di chiedermi, davanti agli eventi più clamorosi o solo particolarmente interessanti dell’attualità politica: che cosa avrebbe detto Bobbio? La sua voce si era spenta ancor prima della morte, soprattutto dopo la scomparsa di sua moglie Valeria Cova, nel 2001. Il vecchio Maestro aveva smesso di commentare i fatti della politica e della cultura, e si era ritirato in un silenzio quasi assoluto, anche se mai sdegnoso.
Le ultime mie visite si svolgevano in un’atmosfera di sobria, composta mestizia, nella penombra del gigantesco appartamento di via Sacchi, vicino alla stazione di Porta Nuova, nella Torino che fu la sua città, dalla nascita avvenuta il 19 ottobre 1909. Ma le origini familiari erano mandrogne, ossia alessandrine, e nel cimitero di Rivalta Bormida fu sepolto, accompagnato da una piccola schiera di allievi, amici e familiari, dopo che una enorme, inattesa folla aveva fatto la fila per rendergli l’estremo saluto in una sala del Rettorato dell’Ateneo torinese. Leggi il resto di questo articolo »
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino (Le città invisibili, 1972)
Pubblichiamo un estratto della lectio magistralis tenuta da Roberta De Monticelli al Festival della Filosofia di Modena
Il Festival quest’anno ha avuto un bel coraggio. Già in poesia ci vuole coraggio a parlare d’amore. Ricordate Umberto Saba? “Amai trite parole che non uno/ osava. M’incantò la rima fiore / amore, / la più antica, difficile del mondo”. Il tema del festival, “Amare”, fu scelto in tempi in cui era ancora lecito sperare che la politica sarebbe presto tornata a essere quello che dovrebbe, quando delle istituzioni ci si può fidare. È vero, né la vita privata né la vita interiore delle persone possono fermarsi solo perché le istituzioni vivono un momento di crisi, soprattutto in un paese dove questi momenti durano interi decenni. Si può e si deve anche parlare d’altro. Ma credo che nei limiti del possibile bisogna farlo in modo che non sia come “far finta di niente”. Altrimenti noi tutti incorreremo di nuovo nella colpa che Piero Calamandrei chiamava “la cieca e dissennata assenza”. Di quelli che, quando un vigliacco imboscato vicino a Chiasso (per scappare) spedì le sue squadracce alla marcia su Roma, si tirarono da parte per far posto. E così fecero silenziosa eco al sublime Luigi Facta, ultimo presidente del Consiglio prima di Mussolini: “Nutro fiducia”. Leggi il resto di questo articolo »
… l’Italia allora poté trarsi in salvo, pur dolorante e piagata, dall’ abisso in cui l’aveva gettata il fascismo, grazie – solamente – alla Resistenza. La patria s’era salvata dal peggio solo perché sotto e accanto all’Italia fascista, all’Italia di coloro che non avevano accettato – o non avevano conosciuto – o, peggio, avevano dimenticato il Risorgimento, era rimasta vigilante l’altra Italia, quella che rappresentava e continuava – e intendeva completare – il Risorgimento, l’Italia di coloro che prima della Marcia su Roma, o subito dopo, avevano capito che quello del fascio non era l’amor di patria ma era l’odio contro lo straniero; che quella fascistica non era la Rivoluzione ma era la Reazione, la Restaurazione semmai; Leggi il resto di questo articolo »
Da qualche tempo a questa parte sostengo l’idea che l’attuale crisi del capitalismo va oltre il suo carattere congiunturale e strutturale, cioè è una crisi terminale. Si può affermare che è giunta la fine dello spirito del capitalismo sempre pronto ad adattarsi al sopraggiungere di qualsiasi circostanza? Sono conscio che poche persone sostengono questa tesi. Tuttavia sono due le ragioni che mi spingono verso questa interpretazione. La prima ragione è che la crisi è terminale perché tutti noi, ma particolarmente il capitalismo, abbiamo oltrepassato i limiti di sostenibilità della Terra.
Abbiamo occupato e depredato tutto il pianeta, distruggendo l’equilibrio sottile che lo regge ed esaurendo i suoi beni e servizi fino al punto che esso non riesce più a rigenerare ciò che gli è stato sottratto. Verso la fine del XIX secolo Karl Marx scriveva in modo profetico che la tendenza del capitale si orientava verso la distruzione delle sue due fonti di ricchezza e di riproduzione: la natura e il lavoro. Ed è ciò che sta avvenendo. Leggi il resto di questo articolo »
Siamo talmente abituati a considerare l’Italia un paese diverso, più sguaiato e uso all’illegalità di altre democrazie, che nella diversità ci siamo installati, e non chiediamo più il perché ma solo il come. Il perché conta invece, è la domanda essenziale se vogliamo capire chi siamo: non una nazione che fa delle leggi le proprie mura di cinta ma un paese immerso nell’anomia, nell’assenza di leggi scritte o non scritte. Di conseguenza, un paese a disposizione.
Gli storici forse, o gli antropologi, potrebbero rispondere. Perché siamo una terra dove ben due volte, nell’ultimo decennio, sono stati sequestrati cittadini stranieri con regolari passaporti e deportati con spettacolare violenza nei paesi da cui erano fuggiti per scampare alle torture o alla morte. Il 17 febbraio 2003 fu il caso dell’imam di Milano, Abu Omar; oggi è toccato a Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov (anche ricercato per frode), e alla figlia di 6 anni Alua: in ambedue le occasioni lo Stato si è inchinato a mafiosi diktat di potenze straniere, sperando che l’affare non venisse mai a galla. Leggi il resto di questo articolo »
Il tempo storico ha degli scatti, scrive Franco Cordero su questo giornale (9 maggio), e ogni tanto gli scenari mutano improvvisamente: un tabù civilizzatore cade; avanza un nuovo che scardina la convivenza cittadina regolata. Gli Stati di diritto d’un colpo son traversati da crepe, come il Titanic quando urtò l’iceberg e in principio parve un nonnulla. Oggi, è «l’idea d’uno Stato dove i poteri legislativo, esecutivo, giudiziario appartengano a organi diversi e siamo tutti eguali davanti alla legge» a esser malvista dalla parte dominante nel XXI secolo. Soprattutto, sono malviste le Costituzioni nate dalla Resistenza. Specie quelle del Sud Europa: in Italia, Grecia, Spagna, Portogallo. Nessuno Stato lo proclamerebbe a voce alta. Ma lo dice con grande sicurezza, perché fiuta larghi consensi, una delle più potenti banche d’affari del mondo, JPMorgan, in un rapporto sulla crisi dell’euro pubblicato il 28 maggio. È un testo da leggere, perché in quelle righe soffia lo Spirito del Tempo. Leggi il resto di questo articolo »
A settanta anni dal 1943 questo 25 aprile serve per una riflessione e un bilancio. Allora tutto cominciò con una scelta. Quando l’8 settembre crollò lo Stato, tutti furono lasciati soli con la propria coscienza. Di colpo le istituzioni scomparvero togliendo a ognuno protezione e sicurezza; nel marasma delle fughe del re, dell’ignavia dei generali, della protervia dei nazisti, ognuno fu costretto a riappropriarsi di quella pienezza della sovranità individuale alla quale si rinuncia ogni volta che si sottoscrive un patto di cittadinanza che preveda uno scambio tra diritti e doveri, libertà e regole, autonomia personale e legami sociali. Dopo l’8 settembre 1943, nello scenario comune di un’esistenza collettiva segnata dalla paura, dalla fame, dall’incubo delle bombe e della morte, non tutti però reagirono allo stesso modo. Leggi il resto di questo articolo »
Le nostre radici, antidoto alla crisi
C’è la lettera, l’ultima, ai compagni, di un ragazzo partigiano di Parma, Giordano Cavestro, studente di 18 anni, fucilato dai fascisti repubblichini il 4 maggio 1944 a Bardi, che riletta oggi riempie di dolore e di commozione per le sue speranze tradite:
«Se vivrete tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata, ma sono sicuro che servirà da esempio». Leggi il resto di questo articolo »
Un semplice, breve telegramma che Goffredo Mameli inviò a Mazzini ( che viveva a Firenze sotto il falso nome di Felice Casali) verso le due del mattino del 9 febbraio 1849. Un breve, stringato ma esaurientissimo telegramma che fa stringere il cuore: Roma è Repubblica! Dopo mesi di faticosi ma vivacissimi e partecipati incontri, convegni, dibattiti, assemblee per i teatri o altri locali di Roma la Repubblica Romana nasceva ufficialmente nel Palazzo della Cancelleria dove si riuniva l’Assemblea Costituente eletta in gennaio.
Il palazzo era circondato da una folla enorme, entusiasta, festante. Nell’aula principale di quel Palazzo, immagine del potere pontificio e della sua burocrazia, viene votato il Decreto fondamentale che dà inizio ad una Repubblica che meravigliò tutto il mondo e divenne un segno di speranza per tutti coloro che aspiravano ad una vita più giusta, più democratica, più libera e responsabile. Leggi il resto di questo articolo »